giovedì, Marzo 28, 2024
Il Parco Paranoico

This Is Franco Battiato

Mik Brigante Sanseverino Dicembre 23, 2019 Playlist Nessun commento su This Is Franco Battiato

Trascendenza; il rapporto con gli altri e con l’Altro; la dimensione reale e quella nascosta ed impercettibile; la lotta tra la verità e la menzogna, mentre ideologie mistiche e finte democrazie strangolano il nostro mondo, impedendoci di vivere in armonia e costringendoci ad una perenne ricerca di qualcuno che possa ascoltare la nostra storia, che possa condividerne le gioie ed i dolori.
Una scelta ardua quella di sfiorare la grandezza della musica e delle parole di Franco Battiato attraverso dieci canzoni; molte potevano essere le strade, ma mi auguro che anche quella che vi propongo io possa condurci a scoprire la bellezza della sua poesia.

01 – UP PATRIOTS TO ARMS (1980, da “Patriots”)

Siamo noi stessi, spesso, ad esser causa dei nostri dolori e delle nostre sofferenze; diamo la colpa alle stelle, ma cosa c’entrano le stelle se mettiamo le bugie di un finto profeta dinanzi alla nostra razionalità? Cosa c’entrano le stelle se preferiamo un mito alla realtà delle cose? Cosa c’entrano le stelle se decidiamo di rinunciare al buon senso e preferiamo vivere in un mondo fatto di tenebre ed oscurità? Cosa c’entrano le stelle se, sempre più spesso, preferiamo credere ciecamente nelle bugie di coloro che vogliono solo tenerci buoni e sottomessi, piuttosto che perseguire, con ogni nostro sforzo, la verità? Non c’entrano nulla. Dipende tutto da noi, da noi che ci ostiniamo a esser parte supina ed a seguire la corrente di questo fiume in piena, senza domandarci cosa c’è più avanti, dove stiamo andando, cosa stiamo perdendo lungo il cammino. “Up patriots to arms! Engagez-vous!

02 – PROSPETTIVA NEVSKI (1980, da “Patriots”)

La città di San Pietroburgo / Leningrado fa da sfondo alla lotta, senza quartiere, tra il Vecchio ed il Nuovo: da un lato le guardie bianche fedeli allo Zar; dall’altro le guardie rosse del partito bolscevico che intendono rovesciare la monarchia ed instaurare la repubblica sovietica. Ogni verso ha il sapore del ferro e del fuoco, della carne che muore e del sangue che scorre, mentre le vecchie, incuranti di ciò che sta accadendo, si rifugiano nelle loro chiese e sul grande viale della città, dedicato a quel condottiero russo che nel Medioevo fermò l’avanzata dei cavalieri teutonici, anche il Tempo pare non aver ancora deciso da che parte stare, così come gli artisti che Battiato incontra sulla sua strada: Stravinsky lascerà preso la terra natia, mentre Prokofijev sarà costretto a convivere con il regime stalinista. Erano anni strani, perché se da un lato il fermento culturale ed artistico era elevato, dall’altro l’imbrunire della ferrea e sanguinaria dittatura stalinista era prossimo ad ingoiare ogni speranza, tutto ciò che di positivo l’alba della rivoluzione avrebbe potuto donare al mondo.

03 – GLI UCCELLI (1981, da “La Voce Del Padrone”)

Ci sono momenti nelle nostre vite in cui è necessario fermarsi, distaccarsi da tutto ciò che è la nostra quotidianità e lasciarsi trasportare, in alto, dal flusso leggero dei propri pensieri. Bisogna osservare cosa ci accade attorno, che senso e che direzione hanno le nostre scelte e le nostre azioni, non solo per noi stessi, ma per il nostro mondo; bisogna sapersi mettere in discussione, riequilibrare il proprio volo, riprendere il controllo di quelle parti della nostra vita, a cui per debolezza o per stupidità, per convenienza o per paura, abbiamo, consapevolmente o no, rinunciato. Queste traiettorie che ora, presi dai soliti affanni e dalle solite congetture forzate, ci appaiono assurde ed impossibili da percorrere, in realtà contengono nuove ed impercettibili opportunità, perché ciò che conta è che non dobbiamo mai rassegnarci, mai arrenderci, lo spazio tra le nuvole è talmente ampio che c’è sempre la possibilità di riprovarci e rimettersi in discussione.

04 – RADIO VARSAVIA (1982, da “L’Arca Di Noè”)

Quell’imbrunire in cui è difficile, ma non impossibile, ritrovare la propria alba, ritorna, con tutta la sua freddezza e la sua oscurità, in quello che è un inno di libertà dedicato ad una città, Varsavia, che può essere considerata cruda testimonianza delle sofferenze e dei dolori che la follia e la brama di potere dei regimi assolutistici possono causare alle persone comuni. Varsavia con il suo ghetto in cui i nazisti compirono atrocità indicibili; la stessa Varsavia distrutta alla fine della II guerra mondiale; Varsavia ricostruita, come città d’ordine supremo, da un regime spalleggiato dalle mitragliatrici e dai carri armati dell’Armata Rossa; Varsavia che aveva visto l’esperienza di ribellione pacifica di Solidarnosc sbattere contro la legge marziale dell’ambiguo e contraddittorio generale Jaruzelski. Se Radio Londra era stata una voce di speranza e un incitamento a non lasciarsi sottomettere dal Male, se Radio Londra si era trasformata nella voce di ribellione e resistenza della “London Calling” dei Clash, la voce di Radio Varsavia, invece, diviene sempre più flebile, sempre più debole, sempre più impotente, lasciandoci con un ultimo inutile appello, un appello da dimenticare.

05 – UN’ALTRA VITA (1983, da “Orizzonti Peduti”)

Un tempo avevamo la capacità di ascoltare la voce del mondo, i suoi suoni: lo sbattere d’ali delle farfalle o il fruscio delle foglie; potevamo persino riconoscere i sussurri della nostra coscienza. Poi, prima in modo lento, poi sempre più freneticamente, abbiamo preferito rinchiuderci nelle nostre metropoli, nel loro assordante silenzio ed abbiamo perduto la capacità di ascoltare non solo il mondo circostante, ma soprattutto noi stessi, mentre, intanto, ci costruivano attorno delle camice di forza, a forma di ideologie veritiere e rassicuranti, con cui tenerci tranquilli ed assuefatti alle nuove e sempre più strabilianti droghe tecnologiche. Ed oggi ci ritroviamo soli, prigionieri di vite che, in realtà, non sono più nostre, che abbiamo svenduto, credendo di fare un buon affare, per un mese pagato di ferie all’anno, per strade perennemente intasate, per frustranti domeniche pomeriggio.

06 – NO TIME NO SPACE (1985, da “Mondi Lontanissimi”)

Il tempo e lo spazio sono l’essenza stessa della nostra realtà; senza tempo e senza spazio cosa ne sarebbe delle nostre esistenze? Ma, del resto, a pensarci bene, abbiamo davvero bisogno della solita sequenza di azioni che compiamo, in maniera più o meno identica, ogni giorno, tutti i giorni della nostra vita? Abbiamo davvero bisogno di andare, per poi tornare, nei medesimi luoghi e rintanarci, ogni notte, nelle nostre comode casette? E se fosse questo il vero vuoto? E se questo tempo e questo spazio fossero solamente una delle infinite ramificazioni possibili? E se il Nulla fosse energetico, cioè popolato da particelle che compaiono e scompaiono in continuazione? E se fosse consentito un viaggio al di fuori del tempo e dello spazio? Ecco, dunque, comparire sullo sfondo dei nostri pensieri i viaggiatori mistici che seguono le scie delle comete. Non hanno bisogno di definire un quando ed un dove, il loro viaggio è tanto tra le galassie, che nel microcosmo delle nostre coscienze e della nostra umanità.

07 – I TRENI DI TOZEUR (1985, da “Mondi Lontanissimi”)

Utilizziamo i nostri sensi per interagire col mondo circostante e chiamiamo ciò che riusciamo a percepire “realtà”. Ma se ci fosse dell’altro? Se ciò che percepiamo fosse solo una parte limitata? Se le nostre percezioni fossero sbagliate? Se fosse così, avrebbe ancora senso parlare di realtà? Forse dovremmo accontentarci del fatto che la realtà sia illeggibile ed accontentarci dei nostri miraggi, ovvero della rifrazione dei nostri pensieri e delle nostre coscienze su tutto ciò che è attorno a noi. Forse Tozeur non è solo un villaggio tunisino nel quale un lago d’acqua salata crea i suoi miraggi sui visitatori; forse Tozeur è la nostra vera condizione e se l’accettassimo, se riuscissimo ad accettare il fatto che siamo creature fragili e limitate, riusciremmo, probabilmente, a vivere davvero, a vivere secondo quella che è la velocità di ciascuno di noi, senza più preoccuparci di raggiungere o superare gli altri.

08 – FISIOGNOMICA (1988, da “Fisiognomica”)

Quello che abbiamo dentro, il dolore o la gioia, l’insoddisfazione o l’appagamento, non resta confinato e imprigionato nello spazio ristretto delle nostre impressioni personali, ma si fa strada nel nostro corpo, invadendo il sangue e la carne, penetrando nelle ossa e nei polmoni e scolpendo i suoi effetti sul nostro viso, sulle nostre mani, nel nostro sorriso, nella profondità, buia o luminosa, dei nostri occhi. Ci sono drammi che è impossibile non comunicare all’esterno e per farlo non servono assolutamente le parole, basta un tocco, uno sguardo, un segno delle labbra. Ci sono forze che vanno oltre la semplice apparenza, influenzano le forme e le modellano a loro piacimento, riuscendo persino ad andare oltre questi miseri ruscelli che sono le nostre vite e giungendo così a quel grande e misterioso mare a cui tutti, prima o poi, ci rivolgeremo.

09 – VITE PARALLELE (1998, da “Gommalacca”)

Una parte di noi vorrebbe tenersi stretta la propria eccezionale individualità, perché in essa vede la propria libertà, perché essa permette di costruire un dialogo intenso con ciò che ritiene essere di ordine superiore: la Natura, la propria spiritualità interiore, l’Universo, Dio. Vi è poi una parte che cerca gli altri, che ne ha bisogno, che vuole confrontarsi con la pluralità di altre vite, che vuol stringere rapporti, costruire legami, provare le sofferenze e le gioie che ne conseguono. Queste vite parallele esistono, da sempre, in ognuno di noi, ci stringono e scaldano il cuore, ma ci spingono anche verso l’invisibile da cui tutto ha origine e trae speranza.

10 – E TI VENGO A CERCARE (1988, da “Fisiognomica”)

Conseguenza diretta del nostro naturale bisogno di metterci in relazione con i nostri simili, nel vedere negli altri il riflesso di ciò che siamo davvero, dà vita a questo splendido brano, in cui il desiderio di accostarsi agli altri, lo scambio sensuale, il piacere di ascoltare e provare sulla propria pelle altre storie, si trasformano in poesia. Percepire l’essenza di stanze vuote e silenziose, comprenderne la vera pesantezza, accettarne il dolore, rappresentano il primo passo di quel processo di miglioramento collettivo che può farci davvero abbattere quelle reciproche diffidenze, quegli assurdi impeti di rabbia ed orgoglio, quelle paure mistiche ed irrazionali, che ci impediscono di costruire un mondo migliore.

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About The Author

Michele Sanseverino, poeta, scrittore ed ingegnere elettronico. Ha pubblicato la raccolta di favole del tempo andato "Ummagumma" e diverse raccolte di poesie, tra le quali le raccolte virtuali, condivise e liberamente accessibili "Per Dopo la Tempesta" e "Frammenti di Tempesta". Ideatore della webzine di approfondimento musicale "Paranoid Park" (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine musicale "IndieForBunnies" (www.indieforbunnies.com).

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