giovedì, Marzo 28, 2024
Il Parco Paranoico

Down On the Upside, Soundgarden [25 anni]

“Down On The Upside” è un album visionario e sperimentale nel quale i Soundgarden tentano di allargare i propri orizzonti musicali, rendendo le loro trame sonore imponderabili, eterogenee, oblique, strutturate e stratificate. Cercano di prendere, in un certo senso, le distanze dal successo commerciale di “Superunknown”, ma anche dalla ruvida e selvaggia brutalità di “Badmotorfinger”, tentando di scoprire nuove strade e nuove dinamiche da inglobare e percorrere. “Pretty Noose”, il brano iniziale dell’album, e “Rhinosaur” mescolano passaggi più incalzanti e frenetici, legati al recente e sfavillante passato, con un approccio più teso, più visionario e più introspettivo.

La chitarra ed il basso diventano la faccia luminosa/benevola e quella oscura/maligna della Luna, mentre la band cammina sulla linea sottile e pericolosa che separa i due mondi, lasciandosi ispirare da quelle sfumature che ci rendono assolutamente imprevedibili, capaci di grandiosi gesti di umanità ed amore, ma anche di comportamenti disdicevoli, violenti, rabbiosi e meschini.

Seattle assume i contorni di un sogno, spesso di un incubo; è in bilico tra le atmosfere dolenti e profonde di brani come “Zero Chance” e l’indomita e frenetica irruenza elettrica di brani come “Dusty”, mentre “Ty Cobb” altera quelle che erano le leggi fondamentali del loro sound, permettendo a nuovi strumenti – come il mandolino e la mandola – di fare la loro apparizione e specchiarsi in un mare, la cui superficie resta comunque inquieta, increspata, metallica e punkeggiante.

“Blow Up The Outside World” rompe gli argini, i Soundgarden diventano il vento che sferza la triste, ansiosa e ripetitiva quotidianità, una liberazione blueseggiante da tutti quei veleni che ci paralizzano ed intorpidiscono, rendendoci sempre più delle copie sbiadite e sottomesse di noi stessi. C’è un’amarezza di fondo che pervade il brano e più in generale tutto l’album, dovuta, probabilmente, all’incapacità di rapportarsi con gli altri; alla difficoltà di tenere saldi legami che, dopo anni di tensione, sono messi a dura prova e tendono a sfilacciarsi, mentre, nel frattempo, le richieste esterne diventano sempre più pressanti, sempre più corrosive, sempre più dannose nei confronti di quelli che sono i propri equilibri emotivi e mentali.  

Tutto ciò si riversa nel disco che, quindi, oltre ad alternare i suoi interessanti e stimolanti momenti di buio e di luce, ingloba anche passaggi torbidi, stancanti e paludosi nei quali la band sembra quasi volersi lasciare sprofondare e farla finita per sempre; ma la sua salvezza è nelle proprie radici grunge, nelle atmosfere malinconiche, sofferenti e viscerali di “Boot Camp”, le quali, incuneandosi nell’intimità agitata di quelle domande a cui non riescono a dare risposta, le permettano di aggrapparsi al proprio dolore, lottare, rimanere a galla e rimanere in vita.

Pubblicazione: 21 maggio 1996
Durata: 65:55
Dischi: 1
Tracce: 16
Genere: Alternative Rock, Grunge
Etichetta: A&M Records
Produttore: Soundgarden, Adam Kasper
Registrazione: novembre 1995 – febbraio 1996

Tracklist:
1. Pretty Noose
2. Rhinosaur
3. Zero Chance
4. Dusty
5. Ty Cobb
6. Blow Up the Outside World
7. Burden in My Hand
8. Never Named
9. Applebite
10. Never the Machine Forever
11. Tighter & Tighter
12. No Attention
13. Switch Opens
14. Overfloater
15. An Unkind
16. Boot Camp

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About The Author

Michele Sanseverino, poeta, scrittore ed ingegnere elettronico. Ha pubblicato la raccolta di favole del tempo andato "Ummagumma" e diverse raccolte di poesie, tra le quali le raccolte virtuali, condivise e liberamente accessibili "Per Dopo la Tempesta" e "Frammenti di Tempesta". Ideatore della webzine di approfondimento musicale "Paranoid Park" (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine musicale "IndieForBunnies" (www.indieforbunnies.com).

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