I paesaggi evocati da “Never Exhale” sono paesaggi inquietanti, lugubri ed oscuri; ombre fameliche vengono proiettate ovunque, mentre un potere subdolo, disumano, ostile e rabbioso dà vita ad un regime mondiale basato sul terrore e sulla paura. I Ditz, intanto, tessono le loro trame crude, spigolose e maniacali, spingendo, a seconda dei momenti, su taglienti e claustrofobiche sonorità noise-rock oppure su intrepide, morbose, tossiche e lascive aperture di matrice dance-punk.
C’era una linea sottile e, ormai, è stata superata da tempo, adesso gli esseri umani sono finiti in un inferno di corpi contorti, di malattie mentali, di droghe mortali, di inquinamento atmosferico, di impotenza, di violenza e di brutalità. Non gli resta, dunque, che affidarsi al sonno effimero, ingannevole e menzognero della rete, aggrappandosi ad immagini e ricostruzioni positive della realtà. Ed è qui, in questa dimensione artificiale, irreale e sintetica, che irrompono le ritmiche martellanti, ossessive e incalzanti di questi dieci brani, perché, prima di qualsiasi tipo di rimedio o di cura, è assolutamente necessario prendere atto delle proprie mancanze, dei propri disturbi, delle proprie disfunzioni e della propria ignoranza.
Un pericoloso mix di manie e di malessere che si è trasformato nella catena, virtuale e materiale, avvolta attorno ai nostri fragili colli; ogni passo può essere fatale, ogni respiro è straziante, ogni scatto può condurre alla morte per soffocamento. La band inglese codifica questa sofferenza in un linguaggio sonoro pulsante, crudo, essenziale, diretto, minaccioso e carico di tensione, mentre le parole si susseguono una dopo l’altra, in maniera decisa e cadenzata, scavando, sempre più a fondo, nei nostri ricordi, nelle nostre coscienze, nei nostri sentimenti, nel nostro passato, nelle nostre aspirazioni, nelle nostre passioni.
Vi sarà qualcosa da salvare? Vi sarà qualcosa che merita ancora i battiti di un cuore? O l’odio ha spazzato via anche ogni più piccolo e prezioso barlume di fiducia e di speranza?
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