“Live At Burning Man” è un disco destinato a lasciare un segno profondo in chi ha ancora voglia di perdersi e di ritrovarsi dentro una musica che non si limita a intrattenere, ma che invita ad esplorare. Una lunga esibizione, che supera i novanta minuti, in cui il rock magmatico e viscerale si fonde con visioni psichedeliche e momenti di pura trance sonora. È un’esperienza collettiva e personale insieme, un rituale sonoro che si compie a occhi chiusi, con il cuore aperto e i pensieri che si liberano dalle gabbie invisibili del quotidiano.
Brani come “Longing To Be The Mountain”, “Repeater”, “Red Star”, “Shadows” e “Cerebus” non sono semplici canzoni, esse sono dei veri e propri portali. Aperture dimensionali che conducono verso quelle percezioni, intime e sepolte, che l’attuale società iper-connessa e iper-controllata cerca, in ogni modo, di anestetizzare. Ogni nota, ogni riff dilatato e ogni battito ipnotico delle percussioni è un invito a spogliarsi delle sovrastrutture, nonché ad abbandonare il conforto delle abitudini ripetitive e dei gesti automatici.
Questo live è un richiamo ancestrale, un fiume infernale di magma sonoro che travolge e spinge verso la rinascita. Una catarsi spirituale, sentimentale ed umana, di cui tutti avremmo bisogno per sentirci, finalmente, vivi. Per essere padroni delle nostre esistenze, anziché semplici ingranaggi di una macchina che ci vuole sempre più distratti, sempre più addomesticati, sempre più vuoti. C’è un senso di urgenza e di libertà in queste jam stoner-rock, una voglia di esplorare territori interiori dimenticati e, allo stesso tempo, c’è una veemente critica, sotterranea e profonda, alla condizione post-pandemica che ci ha lasciati più fragili e più controllati. Ma è proprio dentro a queste dilatazioni space-rock che possiamo ritrovare il suono autentico dei nostri pensieri autonomi. Un suono che sa di deserto, di spazi infiniti, di dubbi necessari.
E forse è proprio questo che conta: avere il coraggio di accogliere quei dubbi, di farli germogliare dentro di noi; di lasciarci trasportare dalla corrente di questo disco, che non è solo un ascolto, ma una dichiarazione di intenti: il promemoria che esiste ancora un modo per sentirsi liberi, per rinnovarsi, per rifiutare il mondo piatto e illusorio che ci viene offerto ogni giorno. Se siamo pronti a metterci in discussione e a non occuparci del contatto con la superficie delle cose, questo live è una guida. O almeno, il tentativo necessario di cambiare prospettiva.
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