Un album che riesce a essere tanto onesto quanto surreale, grottesco, affilato, crudo, veritiero e divertente, convinto del suo messaggio e delle sonorità incalzanti che descrivono quella che è una civiltà in decadenza. Una cultura ormai perduta, schiava di un consumismo insaziabile, costantemente in vendita al miglior offerente. Nel mentre, il cocktail tossico di consumismo, di mascolinità morbosa e di revisionismo storico prepara il terreno alla fine imminente. Ma prima che il tutto si consumi, c’è tempo per l’ultimo giro al supermercato: rovistare, affannosamente, tra gli scaffali in cerca di carne geneticamente modificata o, forse, di qualche droga per dimenticare, almeno per un po’, la decadenza fisica, morale e spirituale che ci circonda.
I Viagra Boys non risparmiano nessuno: la nostra cultura è diventata inutile, una palude angosciosa di paranoie che toccano ogni aspetto delle nostre vite: dalla casa al lavoro, dalle relazioni sociali ed affettive alla spiritualità. L’essere umano si ritrova imprigionato in questo pantano, incapace di sfuggire. E mentre la natura viene distrutta, e i conflitti si moltiplicano ed amplificano, divenendo sempre più pericolosi e distruttivi, la nostra fine, in fondo, non è poi nemmeno questa grande tragedia: torneremo polvere, ci disperderemo tra i mari, i fiumi e le montagne, e la Terra ne uscirà più pulita, più sicura e, finalmente, più pacifica.
Nel frattempo, i pochi sopravvissuti continueranno a vivere tra metanfetamine e brutti sogni, immersi in una realtà distorta fatta di schermi luminosi da fissare e di divani su cui distendersi, così che i veleni possano scorrere, con facilità, nelle vene sempre più strette ed ostruite: grassi, farmaci, alcool e colesterolo, mentre la loro esistenza si riduce a una corsa cieca verso il vuoto.
Le scimmie sono tornate, e la band svedese lo urla con la sua ironia punk-rock. Questi undici brani sono una fiamma che brucia dall’interno, una rivolta consapevole contro una frenesia sociale che ci travolge con la sua stupidità quotidiana e la sua insensata avidità. Ma, nei loro ritmi travolgenti, ballabili, funkeggianti e sintetici, c’è anche un richiamo alla libertà, alle scelte, alle corse spensierate verso l’orizzonte, ai corpi che si abbandonano alla musica e all’amore per un’altra creatura, come un piccolo segno che, nonostante tutto, un senso e un’alternativa sono ancora possibili.
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