sabato, Luglio 12, 2025
Il Parco Paranoico

Flowers In The Spring, Wrekmeister Harmonies

Non può esserci sollievo in questo nostro mondo, e le trame doom e noise-rock intessute dai Wrekmeister Harmonies ce lo ricordano con una solennità che ha il sapore del deserto notturno e di città spettrali abbandonate dai loro abitanti. La loro musica è una lama che recide i molteplici strati artificiali con cui tentiamo, invano, di velare le nostre dolorose vicende umane. In questo disco — quattro brani, come quattro stelle spente in un cielo in rovina — ogni nota sembra pulsare di una trepidazione primordiale, come se il tempo stesso stesse cercando di ricomporsi in una forma nuova, originale ed incomprensibile.

Attorno a un nucleo oscuro e tremante si addensano synth liquidi e oscillatori impazziti, bassi distorti che sembrano il canto di profondità abissali, droni glaciali come venti che percorrono pianure siderali. Risuonano, quasi come echi lontani, frammenti di un passato alternative-folk ormai inghiottito dall’oblio, mentre arpeggi contorti e ossessivi di matrice post-rock tessono una tela fragile e vibrante, che sembra potersi spezzare da un momento all’altro sotto il peso della nostra stessa angoscia.

Eppure, è proprio in questa fragile architettura sonora, scossa da fremiti sperimentali e tensioni irrisolte, che l’album sussurra una verità antica: anche quando tutto attorno a noi appare sprofondare nel buio, l’intelletto e la fantasia riescono, ancora, a ritagliarsi un territorio comune, un luogo segreto dove rinsaldare quella forza invisibile e misteriosa che chiamiamo speranza. È una speranza senza luce, senza redenzione facile, una scintilla che sopravvive tra le macerie, nutrita dall’incertezza e dall’abisso.

L’intero lavoro sembra tentare di dare una forma sonora — aspra, metallica, a volte brutale — a quelle sensazioni sfuggenti che si agitano nel nostro inconscio e che, se ascoltiamo con attenzione, possiamo sentire vibrare anche nel mondo esterno: nelle leggi che governano i corpi celesti, nel flusso muto delle ere geologiche, nelle forze subatomiche che plasmano il reale, in quel magma irrazionale e caotico da cui, a tratti, esplode la vita stessa.

Quindi, nonostante la notte incombente della guerra, nonostante la smania distruttiva e il sangue versato con giustificazioni grottesche e incomprensibili — alchimie storiche, politiche, economiche, razziali o religiose — questo disco suggerisce il permanere di un disegno più grande, di una presenza che ci trascende e ci accoglie, di una spiritualità profonda che, pur nella sofferenza, continua a generare domande, voglia di esplorare, atti di creazione artistica. È quella stessa magia che costruisce paesaggi ipnotici, orizzonti surreali, mondi fantastici nei quali gli esseri umani possono ancora trovare rifugio dalle brutture e dal male. Una musica che non consola, ma che scava e rivela, che non offre risposte, ma amplifica il suono delle domande.

Like this Article? Share it!

About The Author

Michele Sanseverino, poeta, scrittore ed ingegnere elettronico. Ha pubblicato la raccolta di favole del tempo andato "Ummagumma" e diverse raccolte di poesie, tra le quali le raccolte virtuali, condivise e liberamente accessibili "Per Dopo la Tempesta" e "Frammenti di Tempesta". Ideatore della webzine di approfondimento musicale "Paranoid Park" (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine musicale "IndieForBunnies" (www.indieforbunnies.com).

Comments are closed.