C’è qualcosa di antico e di futuribile insieme nella danza febbrile dei Sextile di “yes, please”, come se i loro loop pulsanti venissero trasmessi da una dimensione parallela, nella quale il concetto stesso di tempo è stato riscritto e annichilito dalla velocità e dall’ossessione. Le loro sonorità dance-punk, muscolari, incisive e febbricitanti, irrompono, come schegge impazzite, nelle camere di un club undergound, in perenne stallo tra l’estasi e il collasso, dove le percussioni rave battono, come cuori meccanici, in una notte che non conosce aurora, mentre le trame stroboscopiche inghiottono le identità e le restituiscono come proiezioni, preziose e tremolanti, di un sé collettivo.
In questo scenario, i Sextile non offrono semplicemente una musica, ma un’esperienza corporale e psichica, un rituale notturno in cui i synth paranoici e i bassi profondi si scontrano contro la mente-alveare di una società sempre più oppressiva, morbosa, ingiusta e contorta. È un assalto frontale, una corsa senza tregua, una fuga techno e post-punk per evadere dalla gabbia mentale di sesso, angoscia, dipendenze, scorie, abusi e terrore in cui sono stati rinchiusi i nostri pensieri. I loro suoni sono urgenti, selvaggi, primordiali — suonano come una lingua ancestrale ritrovata sotto cumuli di rifiuti tecnologici e digitali.
La loro energia lunare, feroce e affamata è il tentativo, disperato e bellissimo, di resettare il sistema nervoso di un mondo in overdose di immagini, di notifiche e di slogan preconfezionati. Il duo losangelino segue correnti elettroniche oscure e veementi, scava tunnel nelle viscere delle nostre metropoli fino a sbucare in quei luoghi senza nome dove il fumo avvolge i corpi, dove le voci diventano eco liquida e dove le conversazioni si dissolvono in un canto a bassa frequenza, intanto che il dance-floor si trasforma in un ventre pulsante di vita, di emozioni, di passioni. Non è più questione di estetica, di apparenza, di moda, di appartenenza ad una determinata scena musicale, di revival o di futurismo. È l’acqua scura mossa dalle onde improvvise dei fatti, dalle esistenze sbandate che oscillano tra la creazione e la dissoluzione, mentre le nostre giornate superficiali sono invase da musica imbalsamata ed algoritmica, da musica sempre più simile ad un cadavere gonfio e in decomposizione, servito, come intrattenimento, da fast food emozionali. I Sextile sono parte di quest’epoca, ma ne restano alieni, i loro groove dark e cyber-punk sono sentimenti veri, sono momenti incandescenti di autentica mutazione, sono scariche di endorfina che fuggono via veloci.
In un presente che reclama definizioni semplici e facili etichette, loro si sottraggono, senza voltarsi, senza chiedere il permesso, scegliendo la via più pericolosa e necessaria: liberarsi e liberare. E in quell’atto c’è una forma di resistenza che somiglia, maledettamente, a una scintilla di vita che inizia.
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