sabato, Luglio 12, 2025
Il Parco Paranoico

1-6-67: “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band”, il sacrale manifesto di una felicità altra

Il 1° giugno 1967, mentre il mondo occidentale si nascondeva dietro i suoi secolari confini morali ed ingabbiava le coscienze dentro le fabbriche del consumo e della guerra, i Beatles pubblicavano un disco che non era soltanto un album, ma era un rito di passaggio collettivo, una porta aperta verso mondi rimossi, una liturgia psichedelica capace di smantellare il dominio delle norme sociali, religiose e culturali tradizionali, per restituire all’essere umano la libertà di reinventarsi.

“Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” non è solo un capolavoro sonoro — è un testo sacro apocrifo della modernità, una mappa esoterica scritta con i suoni, i colori e le parole ambivalenti della verità. Dietro ogni strofa si cela una doppia, tripla, molteplice lettura; dietro ogni arrangiamento orchestrale, ogni coro etereo e ogni sitar sognante, vive un invito alla trasfigurazione dell’identità e alla liberazione dai subdoli ed invasivi dispositivi di controllo della società occidentale. È un viaggio alchemico in cui le rigide forme del corpo e della mente vengono dissolte, per essere forgiate in nuove, più elastiche, più appaganti, più intense, più giuste possibilità di felicità.

Felicità, sì. Ma non quella anestetizzata e pubblicitaria della civiltà dei consumi. Qui, in questo disco, si manifesta la felicità mistica ed imprevista, nonché una beatitudine pagana che richiama i rituali arcaici di fusione tra l’uomo, la natura e il divino. È la gioia di chi si lascia attraversare dai cicli delle stagioni e dal respiro del cosmo, di chi sperimenta il piacere come forma di conoscenza e il desiderio come energia vitale sacra, da non colpevolizzare, ma da onorare.

Là, dove il pensiero monoteista imponeva gerarchie, assiomi, precetti e dogmi, “Sgt. Pepper” proponeva un’etica liquida e trasgressiva, in cui l’amore, la sessualità e il piacere dei sensi non erano peccati da confessare, ma gesti rituali necessari per accedere a paradisi non artificiali, ma mistici ed interiori, come insegnavano le culture ancestrali pre-cristiane e orientali. “Picture yourself in a boat on a river / With tangerine trees and marmalade skies…” canta John Lennon in “Lucy In The Sky With Diamonds” e sembra di essere catapultati in uno dei sogni cosmici di William Blake, laddove “If the doors of perception were cleansed every thing would appear to man as it is, infinite.

Questo disco è, quindi, un vero e proprio manuale di liberazione interiore. Insegna che ogni costrutto sociale può essere smascherato, ogni identità può essere riplasmata, ogni ruolo imposto può essere dissolto in un’esplosione di luce ammaliante, suoni onirici e sensi liberati. Non è un caso che all’interno del collage di volti che occupa la celebre copertina disegnata da Peter Blake e da Jann Haworth, compaiano figure come Aleister Crowley, mago e filosofo dell’occulto, Carl Gustav Jung, esploratore dell’inconscio collettivo ed Oscar Wilde, profeta dell’estetismo come forma di verità.

La religione di domani sarà una religione cosmica, basata sull’esperienza, e che eviterà dogmi e teologie”, scriveva Albert Einstein. Ecco cosa rappresenta “Sgt. Pepper”: il futuro, ossia una nuova religione laica della gioia e della pace interiore, in cui la psichedelia non è fuga, ma una rivelazione; dove la musica non intrattiene, ma apre varchi in quelle strutture rigide, angoscianti ed asfissianti che chiamiamo realtà. Questo lavoro non chiede il permesso, non offre soluzioni chiuse. Invita, piuttosto, all’abbandono, alla sperimentazione, all’amore libero, alla conoscenza, a nuove forme di affettività e di sessualità che non siano dettate da un rigido codice morale, ma da una naturale corrispondenza mistica con il mondo e con l’altro. È un viaggio tra corpi che si dissolvono, tra menti che si aprono, tra occhi che finalmente vedono.

Nel 1967, come oggi, “Sgt. Pepper” resta un esempio sacro e concreto di libertà emotiva ed etica, di quella felicità altra che non accetta imposizioni, che trascende le logiche del profitto, che rifugge le droghe offerte dal sistema per coltivare i propri rituali personali, che attinge ai riti solari e lunari dell’antichità, che abbraccia la disobbedienza come atto poetico e creativo. È un album che ci ricorda che la vera rivoluzione è, prima di tutto, trasformare sé stessi. E poi danzare, ridere, amare.

Turn off your mind, relax and float downstream…”, dice “Tomorrow Never Knows” dei Beatles di un anno prima. “Sgt. Pepper” ci mostra, invece, cosa potrebbe davvero accadere se scegliamo di farlo.

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About The Author

Michele Sanseverino, poeta, scrittore ed ingegnere elettronico. Ha pubblicato la raccolta di favole del tempo andato "Ummagumma" e diverse raccolte di poesie, tra le quali le raccolte virtuali, condivise e liberamente accessibili "Per Dopo la Tempesta" e "Frammenti di Tempesta". Ideatore della webzine di approfondimento musicale "Paranoid Park" (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine musicale "IndieForBunnies" (www.indieforbunnies.com).

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