Alcuni dischi non si limitano, semplicemente, ad accompagnare le nostre giornate, ma sembrano esistere per dei momenti precisi, momenti che non possono essere pianificati e che, quando arrivano, scardinano ogni ordine sicuro, solido ed apparente. Il nuovo lavoro dei bolognesi Vegas On Bass appartiene a questa categoria. Un album da ascoltare a luci spente, sì, ma più ancora da vivere quando la città si svuota, quando le strade diventano improvvisamente deserte e i pensieri diventano materia incandescente, pronti ad esplodere da un momento all’altro.
Ed infatti, tra improvvise esplosioni sonore e fragili respiri melodici, il disco si muove come una creatura notturna, inquieta e misteriosa, che ci guida nei territori sommersi delle nostre insonnie, là dove emergono strati emotivi dimenticati, ricordi senza nome, percezioni che nessuno schema sociale e nessuna narrazione collettiva sono riusciti, davvero, a contenere. È musica che non ha paura della propria nudità e che, proprio per questo, ci spaventa, perché ci obbliga a guardare i nostri nervi scoperti, a misurare le distanze siderali tra ciò che siamo diventati e ciò che eravamo.
C’è un equilibrio strano e prezioso dentro queste canzoni, che oscillano tra le aperture morbide, sensuali e malinconiche di matrice britpop di scuola nord-europea e le improvvise fiammate del rock’n’roll americano più sfrontato e selvaggio. È come se la leggerezza perduta degli anni Novanta venisse rivisitata sotto una luce più cruda, in una dimensione musicale in cui la nostalgia non consola, ma graffia e ogni melodia è un tentativo disperato di aggrapparsi ad un ricordo prima che esso svanisca per sempre.
Il disco suona come un diario emotivo scritto senza paura di cadere nel vuoto, un racconto di promesse mancate, di amicizie ed amori sbriciolati dal tempo e di albe che sanno ancora di trepidazione, ma anche, purtroppo, di rimpianto. È la colonna sonora di chi si ostina a cercare un senso nella vertigine dei giorni che passano troppo in fretta, mentre la nostra stessa memoria si sfalda e restano solamente impressioni frammentarie, pezzi di canzoni ascoltate in una vecchia auto, nomi che non vogliono più tornare indietro, stanze d’estate dove ogni cosa appariva possibile. I Vegas On Bass firmano così, con sincerità, il loro disco, un disco spietato, un disco che parla la lingua di chi ha smesso di credere nelle scorciatoie e si ostina a voler sentire il peso e il calore vero delle cose, senza più vie di fughe, senza più illusioni, senza più menzogne.
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