Un appassionante amalgama di melodie pop, di divagazioni psichedeliche e di malinconico ed incalzante indie-rock. Questo è il mondo sonoro che gli Oscar Twins consegnano alle nostre orecchie e ai nostri pensieri. Una musica che affronta i tempi moderni mostrando loro il volto più indifeso, più sensibile e più fragile, nonché rinunciando, senza esitazione, a tutti quegli anticorpi emotivi che la nostra società ci ha insegnato a sfoggiare: espressioni imperscrutabili, sorrisi di circostanza, frasi fatte e ripetute come un mantra, falsa cortesia e, soprattutto, quell’auto-controllo assoluto, rigido, indistruttibile e maniacale, spacciato per virtù, quando, invece, è soltanto una prigione dorata e ben decorata.
La band torinese abbandona tutto questo, e nel farlo ci invita a fare altrettanto, ci sprona a fermarci, a smettere di correre, come criceti dentro una ruota sfiancata, così da concederci una tregua in mezzo al rumore e respirare, finalmente, davvero. Perché no? Perché non vivere giorno per giorno? Perché non sognare ad occhi aperti? Perché non disubbidire alle liturgie del conformismo emotivo e sociale? Perché continuare a restare in fila, composti e docili, in attesa che qualcuno punti il dito e pronunci il suo giudizio irreversibile su di noi?
La città, intanto, prosegue il suo corso, ignara ed indifferente, scandendo i suoi ritmi, le sue stagioni, i suoi respiri urbani. Il vecchio fiume scorre, instancabile, e finirà per trascinare via con sé tutte le nostre ansie, le nostre ossessioni, i nostri ridicoli tormenti, travestiti da urgenze fondamentali. E ci resterà solamente la consapevolezza che tutto ciò che avevamo considerato necessario, imprescindibile ed assolutamente vitale — era, in realtà, un cumulo di sciocchezze, di ostili comportamenti di facciata, di finzioni compiaciute e di maschere di cartapesta. A tutto questo gli Oscar Twins rispondono con queste trame lisergiche ed ipnotiche, con la bellezza sghemba, scintillante e trepidante di canzoni che sono i nostri nervi tesi messi in musica, le nostre riflessioni notturne senza esito apparente, i nostri dubbi salvifici. Si tratta di tutte quelle domande che ci rendono vivi, che ci tengono lontani da chi pretende di offrirci certezze facili, giudizi comodi e formule infallibili per una felicità confezionata, ad arte, in serie.
Questi brani raccontano, invece, altre storie: vicende elettriche ed irrequiete, melodie struggenti, chitarre che esplodono nelle nostre ferite aperte, tamburi che segnano i giorni che fuggono via, mentre lasciamo congelare i nostri sogni, rinunciamo alle parole che avremmo voluto pronunciare ed alle scelte che avremmo dovuto compiere, continuando, colpevolmente, a camminare nel solco di un sistema che si spegne, che si sbriciola e che si estingue nella sua feroce illusione di essere eterno e perennemente nel giusto. Un mondo convinto di poter piegare la verità e la natura ai propri capricci consumistici, schiacciando chiunque osi non sottostare alle sue regole economiche ed ideologiche. L’estinzione di massa è imminente, e allora — perché non fermarsi? Perché non iniziare davvero a vivere, senza più rimandare?
Perché, come scrisse Charles Dickens, nel celebre “David Copperfield”, “My advice is never do tomorrow what you can do today. Procrastination is the thief of time“, un perfetto invito a vivere, senza alcun indugio, il presente e a non rimandare più la propria esistenza. Non è ancora questo il tempo delle lacrime, né delle rese.
Non per me.
Non per voi.
Non per gli Oscar Twins.
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