sabato, Luglio 12, 2025
Il Parco Paranoico

Torino e Guido Gozzano: nel crepuscolo delle parole e dei suoni

Torino non è una città da cartolina.

È una città che si lascia vivere di sbieco, tra palazzi liberty che conservano il fascino di una regalità passata e cortili dimenticati, in cui il tempo pare essersi fermato. È un luogo di nebbie che avvolgono i passi e confondono i pensieri, di piazze vuote all’alba e di viali dove il Po scorre quieto ed inesorabile, portando via le certezze e le paure, senza fretta, senza mai smettere. È una città per anime stanche e visionarie, per chi sente il peso dolce di una malinconia senza nome, per chi ama abitare i crepuscoli. In questa atmosfera sospesa, i versi di Guido Gozzano raccontano, ancora, la sensualità trattenuta, la dolcezza amara, la nostalgia di cose belle e destinate a svanire. Egli, infatti, scriveva:

Del tempo ti restò nelle pupille
soltanto la lussuria che t’accusa,
vergine impura dalla fronte chiusa
tra le due bande lucide e tranquille

Versi che sembrano descrivere la stessa Torino, città di passioni segrete e di rabbie celate, di illusioni che si consumano tra le mura di una casa borghese o le vetrine spente di una strada del centro. E questa città, così intima e così sfuggente, l’hanno raccontata anche le sue band. I Motel Connection, con “Two”, hanno tradotto, in elettronica e in pulsazioni notturne, il battito irregolare dei suoi quartieri industriali, restituendoci, nel frattempo, il senso di spaesamento, il continuo perdersi e ritrovarsi in un luogo che ama nascondere le sue vene e le sue arterie. E ancora gli LNRipley, con i loro suoni ruvidi e pulsanti, sono stati la voce delle notti underground di una città che ha sempre coltivato e nutrito le sue periferie.

Qui vive una rabbia imprigionata sotto il velluto ed i Marlene Kuntz, cuneesi, con “Lieve”, hanno saputo dare voce a questa sensualità cupa, a questo desiderio di vibrante disubbidienza sussurrata. C’è, poi, quella carezza inquieta dei Perturbazione, capaci, in “Agosto”, di fotografare la città nel suo morboso languore estivo, quando tutto tace e il tempo sembra, davvero, poter essere trattenuto fra le dita. Scriveva ancora Gozzano:

Non turbate il silenzio. Tutto tace
verso la donna rivestita a lutto,
la campagna, lo stagno, il cielo, tutto
illude la dolente… O pace, pace!

E noi, come quella dolente, illudiamoci ancora, abbracciando quella medesima malinconia che non ferisce, ma che consola; che non spegne, ma che accompagna. Perché Torino è fatta così, è una città che non esploderà mai, una città che trattiene, che ascolta, che custodisce, che ricorda, che si concede, solamente, a chi sa aspettare. È la città delle occasioni attese a lungo e delle visioni improvvise, dei giorni che si ripetono tutti uguali, ma dentro i quali scorre, sotterraneo, un fremito di bellezza che non smette mai di sussurrare. E, quindi, affidandoci un’altra volta a Guido Gozzano:

O prigioniero delle tue bende
pendulo e solo,
soffri? il tuo cuore sente che attende
l’ora del volo?

Forse siamo tutti così, qui, in questo luogo. Siamo prigionieri delle nostre stesse bende, della nostra nostalgia composta, in attesa di un volo che non sappiamo se arriverà mai. Ed, intanto, ascoltiamo canzoni che somigliano a sospiri, ci perdiamo nei versi di un poeta gentile e disilluso e lasciamo che il Po, imperturbabile, continui a scorrere, a portare, ancora una volta, altrove, le nostre piccole miserie ed i sogni troppo grandi per questa città bellissima e stanca. Guido Gozzano l’aveva già intuito, in fondo, oltre un secolo fa, quando scriveva:

Così mentre m’aggiro e su le morte
foglie premo col piede lungo il viale
mille imagini son da me risorte

È lo stesso incanto discreto e dolente che attraversa la musica di alcune band nate tra queste stesse strade. I Subsonica, per esempio, con la loro “Albe Meccaniche”, sono stati tra i primi a restituire al rumore un’anima poetica e febbrile, facendo vibrare le pareti dei palazzi ottocenteschi, con le chitarre abrasive e le liriche allucinate, trasformando, contemporaneamente, la notte torinese in vivida ed emozionante elettronica urbana, tra club fumosi ed amori incompiuti, dove l’errore diventa un vero e proprio rito di sopravvivenza. E questo accade quando:

E tutto tace. Non il sepolcrale
silenzio rompe il suono delli squilli
non latrato di veltri. L’autunnale
luce è silente. Non canto di grilli
estivo e roco. Solo indefinito
fievole viene un suono di zampilli

C’è la sensualità obliqua e malinconica del post-rock sperimentale dei Larsen, che risuona, con i suoi disegni e strati impercettibili ed invisibili di drone e glitch, come se si trattasse di un vecchio film in bianco e nero, proiettato su muri scrostati, ed i Niagara, intanto, esplorano, con beat rarefatti e voce eterea, la fragile identità dell’uomo urbano e digitale, come accade con il brano “Currybox”. Un dolore silenzioso che risuona nelle chitarre oscure ed eleganti dei We Are Waves, nelle loro trame new-wave che narrano di attese e di desideri nel cuore di una Torino sospesa tra il passato ed il futuro.

E, per finire, l’opera di Mario Reviglione, artista torinese, “Silenzio (Silentium)” (1907), riflette le atmosfere elettroniche, sospese e crepuscolari dell’ultimo brano di questa ideale playlist, nonché la luce ovattata che si adagia sul fiume e le ombre che fioriscono lungo la sua riva, mentre le pennellate rarefatte trasmettono una solitudine ricca di potenzialità emotive, proprio come l’attesa trattenuta della città, la sua tensione tra nostalgia e desiderio di elevarsi in volo.

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About The Author

Michele Sanseverino, poeta, scrittore ed ingegnere elettronico. Ha pubblicato la raccolta di favole del tempo andato "Ummagumma" e diverse raccolte di poesie, tra le quali le raccolte virtuali, condivise e liberamente accessibili "Per Dopo la Tempesta" e "Frammenti di Tempesta". Ideatore della webzine di approfondimento musicale "Paranoid Park" (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine musicale "IndieForBunnies" (www.indieforbunnies.com).

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