sabato, Luglio 12, 2025
Il Parco Paranoico

Greetings From Slaughter Creek, Andrea Van Cleef

Ritorna a casa. Ritorna alla voce ruvida del tuo blues; ritorna al suono graffiato di una chitarra che sembra, sempre, arrivare da un’altra epoca; ritorna alla tua pelle segnata dal vento; ritorna a quegli abbracci perduti che hanno, ancora, il sapore del tabacco e della polvere; ritorna al lamento delle tue ultime parole, perennemente fuori posto, parole che piangono, ad una ad una, le loro note, come se esse fossero schegge di vetro infilzate nella carne. Ritorna a sederti davanti al bancone di un bar, dove nessuno chiede chi sei, dove il tempo ha lo stesso aspetto stanco dei bicchieri sbeccati, dove le storie passano di bocca in bocca, ed, alla fine, nessuno sa più a chi appartenessero.

Ti senti consumato, come tutte quelle anime che la vita ha dimenticato lungo la strada. Consumato come il gracchiare dei corvi, che accompagnano i vagabondi ed i viandanti senza nome. Consumato come quel cielo, sporco e sfilacciato, che, ogni notte, scende basso a sfiorare i tuoi passi e a sussurrarti, con voce antica, che nessuno ti sta rubando i giorni, nessuno ti sta portando via il tempo, nessuno sta facendo il furbo con le tue battute, nemmeno quello sciocco, ossessivo, inespressivo Sole.

È dentro questo orizzonte screpolato che le canzoni di Andrea Van Cleef prendono vita nella loro versione live più intensa, appassionata e polverosa. Le stratificazioni sonore si rincorrono tra loro, si abbracciano e si scontrano, sono nuvole in una tempesta del deserto, rendendo tutto assolutamente nuovo, diverso, lontano da qualsiasi prospettiva statica di un album in studio. È musica che respira, che suda, che inciampa e si rialza, che cambia volto a ogni serata, a ogni platea, a ogni Luna.

C’è un’anima profondamente country che cerca, invano, risposte impossibili, mentre le radici cupe, ossessive, oscure, conflittuali e leggendarie dell’America si incuneano tra le mani e la voce di un cantastorie italiano. Uno che sa guardare negli occhi il presente, senza nascondersi dietro la retorica da quattro soldi, senza proporre ricette facili, senza seguire like e falsi slogan. Un artista che si esibisce dal vivo, per coloro che, ancora, sanno che la vita è fatta di fatica, di sudore, di errori, di notti in cui cadi e qualcuno, per fortuna, ti tende una mano e ti rimette in piedi, per farti riprendere il cammino. Quello vero, quello che conosce i vuoti, i fantasmi, le orme lasciate nella sabbia del deserto.

E allora, proprio come con il fiume cantato da Johnny Cash, anche qui la musica scorre via fluida, malinconica, rapida ed ostinata. Una musica che porta via tutto ciò che non serve più e restituisce soltanto ciò che vale la pena conservare: il dolore, l’amore, la rabbia e quella voglia testarda di continuare a cercare qualcuno o qualcosa lungo il corso della vita, anche quando sai che potrebbe essere solamente acqua che passa e che non ritorna più.

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About The Author

Michele Sanseverino, poeta, scrittore ed ingegnere elettronico. Ha pubblicato la raccolta di favole del tempo andato "Ummagumma" e diverse raccolte di poesie, tra le quali le raccolte virtuali, condivise e liberamente accessibili "Per Dopo la Tempesta" e "Frammenti di Tempesta". Ideatore della webzine di approfondimento musicale "Paranoid Park" (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine musicale "IndieForBunnies" (www.indieforbunnies.com).

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