I Just Mustard estendono i loro tentacoli sonori oltre la crudezza istintiva del post-punk, oltre le colonne d’Ercole del noise-rock, per sondare regioni emotive dove la fragilità umana pulsa come un nervo scoperto. “We Were Just Here” è il loro campo di battaglia sensoriale, una liturgia di distorsioni e palpitazioni che rimbombano come allarmi antiaerei in una città abbandonata. Il gruppo irlandese parte dal fango della contemporaneità, intriso di un dolore che non si redime, e ne trae scie luminose che si scontrano tra loro come meteoriti dispersi nel buio.
Vagano – e ci trascinano con loro – in un territorio dove le domande generano altre domande, e ogni risposta sembra sbagliata, distorta, falsata da quel rumore bianco di propaganda e di piccole e grandi bugie quotidiane che, ormai, saturano la nostra percezione. I Just Mustard non offrono conforto: frugano, scavano, incidono. Eppure, in questo dolore, c’è una ricerca di verità, una fame primordiale di autenticità che brucia sotto la pelle come febbre e che impone di guardare il mondo senza filtri, senza palliativi, senza consolazioni.
Nel suono del disco c’è un collasso che somiglia ad una rivelazione. Chitarre che non accompagnano, ma divorano, ritmi che frastornano come un treno in corsa dentro un tunnel interminabile, linee vocali sospese tra supplica e minaccia; tutto contribuisce ad una tensione costante, come se ogni brano fosse sull’orlo di spezzarsi, o di esplodere. E quando arrivano quei ritornelli sbilenchi, sghembi come finestre rotte da cui entra un vento gelido, non c’è catarsi, non c’è liberazione, ma c’è la nuda evidenza che non possiamo continuare ad ignorare ciò che ci abita dentro.
Sprofondiamo in un oceano vorticoso di parole e di slogan – lo sappiamo – ed è vero: il disco sembra volerci spingere la testa nell’acqua fredda finché non impariamo a respirare diversamente. I Just Mustard non ci lasciano annegare, però non ci salvano neppure: ci indicano un percorso possibile, una resistenza fatta di tensione elettrica e di battiti irregolari. Possiamo restare insieme, sì. Possiamo aspettare che la fine ci raggiunga, oppure opporci. Opporci con un entusiasmo folle, quasi infantile, con chitarre che non suonano, ma graffiano, con mantra sonici che si espandono come onde d’urto.
“We Were Just Here” è un disco che non accarezza, ma marchia. Una verità sonora che ti afferra alla gola, che ti chiede di scegliere chi sei, prima che qualcuno lo faccia per te. Un’eco che si propaga oltre ogni confine, attraversa corpi e pensieri, e ti lascia davanti al precipizio di un presente che finge movimento, ma desidera solamente immobilizzarti, ridurti al silenzio, a brevi lampi di felicità transitoria in una notte interminabile fatta di possibilità sfumate, di sogni infranti e di addii che arrivano senza preavviso.
Eppure, dentro quella notte, i Just Mustard piantano un faro. Non illumina la via, ma la incide. E ci invita a seguirli nell’oscurità, non per uscirne, ma per imparare a vedere attraverso di essa.






![La Canzone Maledetta di Dino Campana [playlist]](https://www.paranoidpark.it/wp-content/uploads/2025/11/arton169343-140x90.png)



















Comments are closed.