venerdì, Dicembre 5, 2025
Il Parco Paranoico

L’Occidente allo Specchio del Vuoto

Mik Brigante Sanseverino Ottobre 8, 2025 Parole Nessun commento su L’Occidente allo Specchio del Vuoto

C’è un sottofondo che corre – fragile, oscuro, inevitabile – sotto le quotidiane conversazioni occidentali. È il rumore del senso che si sgretola. Non è solo che gli ideali sembrano più deboli, è che il valore stesso appare diventato un’ombra: un concetto che una volta dava forma, senso e direzione — ora vacilla. Il valore è ciò che orienta le nostre azioni, le nostre scelte, ciò per cui siamo pronti a rischiare, a lottare. È personale, storico, ideologico, ma anche materiale: quando siamo disposti a sacrificare, a combattere per ciò che conta. Senza valore, senza quel principio ispiratore, le vite restano sfilacciate, vuote, esposte al vento gelido dell’indifferenza.

Ma oggi quel valore è in crisi: non più pura idea, non più forza che trascende, ma eco, simulacro, parola usata come etichetta vuota. E l’Occidente sembra cadere preda di questa dissoluzione sistematica.

Il primo colpo è dato dall’insicurezza esistenziale: la sensazione di precarietà, l’ansia per il futuro, la perdita del lavoro, la crisi climatica, la pandemia hanno amplificato il malessere, modificando, in negativo, la fiducia negli altri e il senso del dovere civico. Il secondo colpo è quello impartito dal declino delle ideologie forti: dopo la Guerra Fredda, il crollo delle grandi visioni, il comunismo, il socialismo e perfino un certo liberalismo forte, hanno lasciato spazio a una forma di liberalismo meno passionale, frammentata, che fatica a generare comunità, ad evocare un futuro condiviso. Ed, infine, l’ultimo colpo è quello del vuoto di legami con il passato: la memoria culturale perde coesione, le narrazioni collettive diventano confusione, i simboli che, un tempo, leggevano il presente come continuità con la storia, e talvolta come lotta per un’idea, oggi, sembrano reliquie polverose, slogan ripetuti senza alcuna convinzione.

La risposta è rifugiarsi nell’urgenza materiale: sopravvivere, consumare, apparire, mentre la nostra scala di valori si capovolge e ciò che conta è, unicamente, ciò che si possiede o si mostra. Intanto, la fiducia nelle strutture politiche, nei media, nella cultura come spinta morale cala e vacilla, anche perché le stesse istituzioni “democratiche” non incarnano più i valori che propagandano ipocritamente. L’ultimo step è, allora, la frammentazione dell’identità, ovvero l’individualismo estremo, la perdita della comunità, la moltiplicazione di realtà locali, reattive, sovraniste e, spesso, contraddittorie che amplificano la diffidenza verso l’altro, anche verso lo Stato unitario e i concetti comuni di bene.

È questa la festa funebre. Le città sono illuminate, gli schermi brillano, ma l’eco è di silenzio. Il valore, come una voce lontana, tentenna nelle strade, nei palazzi, nelle case. La democrazia, la libertà, la legalità: concetti che un tempo si respiravano come aria — adesso sono parole portate via dal vento, che cadono e rotolano, ma non rimangono fissate in terra, in nessuna terra. Simboli, ideologie, memorie: tutto appare mediato, venduto, sussurrato. La cultura non persuade più, al massimo intrattiene. Il conflitto non è più per un’idea, ma per la propria sopravvivenza individuale nel mercato delle emozioni, degli status, delle apparenze estetiche.

E quando il valore sfuma, l’essere umano si trova spaesato e solo. Cresce la paura del domani; cresce l’insicurezza economica, ma anche quella morale. I giovani soffrono: la salute mentale è in declino, il senso di inutilità esplode e si cercano, disperatamente, significati simbolici a buon mercato. Anche chi dovrebbe offrire una visione — filosofi, artisti, musicisti, leader politici — sembrano, sempre più spesso, accecati da interessi di potere o da compromessi che riducono il discorso morale a una tattica o una questione di immagini virtuali. Non c’è giusto dolore, solo dolore registrato; non c’è profezia, solo post-verità.

La questione, ormai, non è più riproporre nostalgie vane, né restaurare monumenti ideologici sorpassati e distrutti. È, piuttosto, ricostruire il valore come esperienza, come decisione concreta, come tensione verso un orizzonte — personale e collettivo — che non sia soltanto la semplice e banale sopravvivenza. L’Occidente si trova ad un bivio: può continuare la sua discesa negli inferi nella nullità e dell’apatia, accontentandosi di idee vuote, di valori-spettacolo, di identità sminuzzate e compatibili con il solo consumo; oppure può risvegliarsi, riprendere la voce del valore come radice dell’essere umano — non solamente dell’apparire.

Che cosa siamo disposti a perdere? E quale valore varrà ancora davvero quando tutto il resto sarà stato svenduto al mercato della paura?

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About The Author

Michele Sanseverino è poeta, scrittore e ingegnere elettronico. Creatore della webzine di approfondimento musicale Paranoid Park (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine IndieForBunnies (www.indieforbunnies.com), intreccia analisi critica e sensibilità letteraria in uno sguardo che attraversa musica, poesia e cultura contemporanea. Nel 2025 ha pubblicato la raccolta di poesie "Poesie Senza Parole: Cartografie Di Un Lato Nascosto", opera che esplora le zone d’ombra e le risonanze interiori del vivere. Nel 2025 ha pubblicato l'antologia "Cronache Dal Parco Paranoico: Canzoni, Visioni e Futuri Mai Nati", articoli tratti dalla webzine Paranoid Park che ripercorrono il nostro cammino dalla fine della pandemia ad oggi. Inoltre: "Ultravioletto: Riedizione Fluida" e "Frammenti Di Tempesta: Riedizione Fluida"

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