Molti personaggi pubblici – e non soltanto i politici – mostrano oggi una vera insofferenza per il contraddittorio. Domande, opinioni divergenti, critiche: non sanno più accettarle. Le rifuggono come un contagio, preferendo il comodo rifugio del vittimismo, della minaccia, della finta offesa. Non è solo una questione di partito o di ideologia: il rifiuto del confronto accomuna la destra e la sinistra, soprattutto quando una o l’altra indossano gli abiti del potere. Ma, sempre più spesso, questo atteggiamento si estende anche a chi dovrebbe essere custode del dialogo e del pensiero critico: gli esperti, i tecnici, i professori, i giornalisti. Persone che dovrebbero vivere nel dibattito, nutrirsi di confronto, crescere nella frizione delle idee, e che, invece, si rifugiano dietro la comoda armatura della superiorità morale o della competenza autoproclamata.
È uno dei segni più inquietanti dei nostri tempi artificiali: l’incapacità di dialogare, di ascoltare l’altro, di scendere su un terreno linguistico e umano comune. Si preferisce arroccarsi sulle proprie certezze, denigrare chi osa domandare, ridicolizzare chi non aderisce alla narrazione dominante. Il dibattito civile si spegne, sostituito da un rumore di fondo fatto di slogan e di frasi ad effetto.
E così, mentre il pensiero si ritira, avanzano le piattaforme digitali. X, TikTok, Instagram, Facebook: nuovi pulpiti di una predicazione senza contraddittorio. Non più idee, ma verità urlate. Non più parole, ma grida che chiedono soltanto di essere condivise, mai discusse. Il verbo si fa monologo. Seneca ammoniva i suoi contemporanei sul fatto che non vi è nulla di più pernicioso per la mente che credere di sapere. Oggi, il sapere è sostituito dalla convinzione di aver ragione, e l’arroganza si veste da autenticità. La piazza digitale è diventata il nuovo Foro romano, ma senza interlocutori, senza contraddizione, senza il rischio di essere smentiti.
Cicerone – che del dibattito fece un’arte – sapeva che la verità nasce dal conflitto delle parole. Discutere è un dovere morale, ma noi viviamo in un’epoca
che considera la discussione una minaccia e un pericolo, non un dovere. Chi domanda è visto come un provocatore, chi replica come un nemico. Il confronto è diventato un pericolo da evitare, non una virtù da esercitare. Così, affidarsi ad una tastiera – reale o virtuale – diventa più semplice: ci si esprime nei propri studi, nelle proprie case, magari circondati da amici, consulenti o colleghi che annuiscono. Nessun rischio di una brutta figura, di una pausa imbarazzante, di un errore umano. E quando il personaggio pubblico decide di apparire, tutto deve essere già scritto: domande concordate, pubblico selezionato, applausi assicurati. Il dibattito è morto, sostituito da una rappresentazione teatrale in cui chi governa interpreta, se vuole, anche la parte della vittima.
Accade così che una Presidente del Consiglio – superprotetta, scortata, difesa da ogni lato – pretenda di essere trattata come un’anima fragile, ferita dalle parole e dalle minacce altrui. Ma se una delle persone più potenti del Paese può proclamarsi vittima, cosa dovrebbero dire le vere vittime? Le persone che vivono in periferie abbandonate alla malavita, o i lavoratori sfruttati, o gli anziani soli, o coloro che, ogni giorno, affrontano la violenza reale e le vere prepotenze, non quelle verbali dei social o delle polemiche televisive.
“Veritas filia temporis”, diceva Aulo Gellio: la verità è figlia del tempo. Ma questo tempo – fatto di algoritmi, di comunicazione controllata, di intelligenze artificiali, di leader che parlano solo a se stessi – sembra averla rinchiusa in un labirinto di specchi. E finché chi detiene il potere continuerà a temere il confronto, a fuggire dalle domande e a travestire la sua forza da fragilità, non ci sarà spazio per nessuna verità. Solo per l’eco delle proprie parole.
Visto il tema trattato dall’articolo ci è sembrata adatta la scelta di brani strumentali per accompagnare il testo, così da amplificarne la tensione etica e il senso di solitudine civile.


























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