C’è un luogo, nascosto tra le pieghe di suoni evanescenti e di riverberi languidi, in cui il tempo sembra distendersi e contorcersi come fumo in controluce. È il paesaggio sonoro che evocano i Pink Breath Of Heaven, una dimensione parallela, fluida e rarefatta, dove diventa naturale canalizzare le proprie energie in direzioni che non siano mera e svilente sopravvivenza, ma ricerca, slancio, creazione. In un’epoca di disfacimento umano quotidiano, dove il rumore ha fagocitato ogni pausa e ogni silenzio e la velocità ha annientato la profondità dei nostri stessi sentimenti e stati d’animo, loro costruiscono spazi in cui il respiro si fa più lungo, in cui è ancora possibile concedersi il lusso di un’emozione autentica.
Il loro suono si muove su un doppio binario, come una corrente che alterna lucidità e sogno. Da un lato le luminose chitarre shoegaze, che si intrecciano e si dissolvono in un perpetuo moto ondoso, dall’altro stratificazioni di psichedelia sperimentale che non si accontentano di descrivere l’istante, ma ne infrangono i margini per aprire varchi, per divergere, per perdersi e ritrovarsi in territori assolutamente sconosciuti.
È un viaggio che parte dai bagliori aciduli e stridenti della San Francisco di fine anni ’60 e attraversa, come un cavo elettrico scoperto, l’euforica tensione dei My Bloody Valentine, per approdare a nuove coordinate sonore, in bilico tra abissi e apici, tra spazi siderali e intercapedini della memoria. Linee di basso profonde e distorte, aperture di matrice space-rock, echi, frammenti vocali, rumori e oscillazioni che sembrano provenire da tempi remoti o da futuri mai nati.
Ma ciò che più colpisce, oltre la raffinata costruzione sonora, è il modo in cui queste vibrazioni intime riescono a riverberare con il nostro presente ammaccato e contorto, parlando direttamente a quella parte di noi che ancora esiste e resiste, che ancora si aggrappa ai ricordi sbiaditi di una purezza emotiva ormai relegata ai limiti. Un presente fatto di nuovi muri, invisibili ma solidissimi, innalzati per proteggere emozioni, sentimenti, percezioni che, in realtà, abbiamo, da tempo, lasciato evaporare come sogni al risveglio. I Pink Breath Of Heaven non offrono facili consolazioni, né si rifugiano nel vintage. Piuttosto, raccolgono ciò che rimane di un’umanità frammentata e lo ricompongono in un mosaico sonoro moderno, che è, al tempo stesso, cura e riflessione, invito e ferita, studio e festa. È musica che non cerca di adattarsi ai tempi, ma di scardinarne le gabbie e restituirci, anche solo per pochi istanti, il senso magico di ciò che abbiamo smesso di cercare.




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