sabato, Luglio 12, 2025
Il Parco Paranoico

Bologna, la città che respira due vite

Mik Brigante Sanseverino Luglio 3, 2025 Luoghi Nessun commento su Bologna, la città che respira due vite

Quasi tutte le città vivono una sola vita, si mostrano per quello che sono e continuano a raccontarsi sempre allo stesso modo, nella sicurezza del proprio ruolo e della propria immagine. E poi c’è Bologna, città doppia, città bifronte, che alterna il lato della luce a quello dell’ombra, il calore dei portici antichi alla passionalità delle sue notti inquiete. Di giorno è la città dotta, borghese e produttiva. La città ordinata e rassicurante, dove il sapere si sedimenta, come polvere sottile, sui banchi dell’Università più antica d’Europa, dove la vita scorre tra uffici, librerie e trattorie piene di storia e di amore. Una Bologna che sembra promettere stabilità, equilibrio, una certa idea di civiltà operosa e composta.

Ma è quando scende la sera che la città cambia pelle. Sotto la pelle della Bologna solare pulsa un’altra città, lunare e febbrile. È un tessuto urbano fatto di centri sociali, di spazi occupati, perduti e riconquistati, di piccoli locali e club sotterranei e di eventi, che appaiono e scompaiono, come se fossero improvvise fughe in avanti. È una geografia umana e temporale che muta di continuo, una mappa emotiva disegnata con le scritte sui muri, con le tracce lasciate sotto i portici, con storie mai diventate ufficiali, ma che fanno ed hanno fatto di Bologna una delle capitali invisibili della preziosa cultura marginale italiana.

I Massimo Volume sono stati tra i pochi a dare voce e corpo a questa energia nascosta ed invisibile. Con il loro spoken-word viscerale e con le loro chitarre dissonanti, hanno raccontato una città che nessuna guida turistica ha mai potuto o saputo descrivere. Nei loro brani-manifesto, tra monologhi urbani sulla fine delle nostre illusioni ed il bisogno ostinato di restare esseri umani, in un mondo che va in direzione dannatamente opposta, si avverte il respiro notturno di Bologna. Sono canzoni che sembrano scritte proprio sui suoi muri scrostati, parole dette ad alta voce nei vicoli, mentre il giorno muore e la notte prende possesso di ogni cosa, di ogni fatto, di ogni esistenza, di ogni volto. 

Anche Pier Vittorio Tondelli, scrittore di Correggio, ma profondamente legato anche a Bologna, dove si è laureato al DAMS, conosceva bene questa vitale doppiezza. Nei suoi canti della notte, nelle pagine dense di vita di “Altri Libertini” e di “Camere Separate”, ha immortalato quella giovinezza, inquieta e fatale, fatta di amori sbagliati, di fughe improvvise, di scorribande nei locali di provincia e nei club nascosti di una città che si accendeva quando tutto il resto del mondo dormiva. Sosteneva, infatti, Tondelli, “molto spesso non siamo affatto noi a scegliere le nostre letture, i nostri dischi o i nostri amori, ma sono gli accadimenti stessi che vengono a noi in un particolare momento, e quello sarà l’attimo perfetto, facilissimo e inevitabile: sentiremo un richiamo e non potremo far altro che obbedire“. È questo il canto collettivo, la liturgia laica che si ripete, ogni notte, diversa, ma sempre uguale nel bisogno ancestrale di sentirsi vivi.

A questa Bologna appartengono anche gli Skiantos, folli ed irriverenti, che negli anni Settanta scardinarono i codici del rock e del punk italiano, con ironia dadaista e con provocazioni surreali, creando un’altra narrazione della città emiliana, fatta di non-sense, di satira sociale, di feroce ironia e di anarchia gioiosa. E nello stesso periodo storico, quello degli anni Settanta, sempre nati in ambito punk-rock e, successivamente, virati verso la new wave elettronica più oscura ed inquietante, tra sarcasmo urbano e cupe visioni metropolitane, non possiamo non citare anche i Gaznevada, perfetti per gli angoli più bui della scena underground, a metà strada tra elettroniche disturbate e sonorità abrasive e taglienti di matrice post-punk.

Ma anche in questi spazi più spigolosi, la voglia di raccontare la città, per quello che essa è davvero, e cioè un corpo in perenne trasformazione, un luogo di passaggi e di scontri, di amori impossibili e di ideali che sopravvivono ai decenni, resta vivida e determinata, arrivando ad intrecciarsi anche con quello il lato più pop, surreale e ironico della nuova Bologna, rappresentato da Lo Stato Sociale, una band che tenta di raccontare una città precaria, giovane, caotica e politicamente disillusa. 

Forse, come scriveva, ancora una volta, Tondelli: “L’amore è come un dono degli dei che si muove sulle ali del vento sempre inafferrabile e sempre inseguito; l’amore non è mai là dove lo cerchiamo e vola via da dove lo crediamo. Proprio per questo e dell’amore e degli dei dobbiamo imparare a fare senza“. Ma ci basterà? E certo che ci basterà. Perché, noi siamo fatti del medesimo tessuto di Bologna, non abbiamo bisogno di grandiosi monumenti ed inutile auto-referenzialità, ma viviamo, soprattutto, delle persone e delle loro storie. Storie che si raccontano proprio di notte, che si cantano sui palchi improvvisati dei centri sociali o dei locali di periferia, storie che restano incise nelle canzoni che parlano di un’umanità marginale, periferica, sognante, appassionata, disperata, irregolare ed irriducibile.

Intanto le nuove forme di linguaggio e di comunicazione ci conducono, nel nostro percorso sonoro, ad Inoki, rapper cresciuto a Bologna e, quindi, simbolo della sua scena hip-hop, artista fortemente radicato nei centri sociali e nella cultura di strada, una cultura proiettata verso il futuro, certo, ma che, allo stesso tempo, non può prescindere e dimenticare la voce immortale di Bologna. Lucio Dalla, le cui canzoni sono tutte potentissime e ispirate istantanee di una città poetica, attraente e malinconica.

E, allora, sì, è proprio così: Bologna è due città in una, forse più di due. Ma è proprio questo suo battito molteplice, questo suo cuore spezzato, e insieme tenacissimo, a farne un luogo unico. E chi la ama davvero sa che è nelle sue notti sbilenche ed oblique, tra le scritte lasciate ovunque e le parole di chi ancora osa alzare la voce, che Bologna mostra il suo volto più vero, più prezioso, più speciale.

L’immagine che accompagna l’articolo è dell’artista bolognese Luca Caccioni, si tratta di un’opera su alluminio, recente e visionaria, presentata alla OTTO Gallery nel 2023. L’alluminio, morbido e riflettente, rende alla perfezione il dualismo di Bologna, da un lato l’efficienza e la lucidità del giorno, dall’altro l’eco pallida, incerta ed ombrosa della notte, mente le immagini narrano di un tempo sospeso, lontano dagli affanni e dagli impegni quotidiani, capace di galleggiare nei suoni, nei volti e nei movimenti della notte, entrando in sintonia con ogni parola, ogni scritta, ogni frammento di memoria.

 

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About The Author

Michele Sanseverino, poeta, scrittore ed ingegnere elettronico. Ha pubblicato la raccolta di favole del tempo andato "Ummagumma" e diverse raccolte di poesie, tra le quali le raccolte virtuali, condivise e liberamente accessibili "Per Dopo la Tempesta" e "Frammenti di Tempesta". Ideatore della webzine di approfondimento musicale "Paranoid Park" (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine musicale "IndieForBunnies" (www.indieforbunnies.com).

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