venerdì, Dicembre 5, 2025
Il Parco Paranoico

Morricone, un’eco di giustizia cinematografica: dal neo-colonialismo dell’Occidente al fascismo di Ben Gvir

Un thriller del 1972 torna oggi a vibrare con forza, grazie alla sua colonna sonora riproposta in versione ampliata, oltre cinquant’anni dopo la sua nascita.

La musica di Ennio Morricone — ora epica e incalzante, ora opprimente e inquieta — non si limita ad accompagnare le immagini, ma ne diventa il cuore pulsante, dando voce ad un racconto che, aldilà della finzione cinematografica, è una denuncia contro l’arroganza, la prepotenza e il doppiogiochismo delle potenze occidentali verso le ex-colonie.

Un intero sistema di valori e di narrazioni — presentato come equo, democratico e liberale — rivela, in realtà, la sua natura subdola, ipocrita e violenta. È la vecchia convinzione coloniale, travestita da modernità: solo l’Occidente, si racconta, avrebbe il diritto di stabilire le regole, di dispensare le patenti di legalità, di decidere cosa sia lecito o meno, e soprattutto di intervenire ovunque i propri interessi economici, finanziari o geopolitici vengano minacciati.

Il colonialismo non è morto: ha semplicemente mutato pelle. Ha trovato nuovi strumenti, nuove formule, nuovi linguaggi, nuove coperture, nuove menzogne con cui mascherare i propri remunerativi affari sporchi. Il film lo rivela con chiarezza, raccontando l’inganno ordito contro il leader nordafricano Sadiel, tradito da un governo francese che, mentre a parole si proclama difensore di uguaglianza, solidarietà e democrazia, perpetua, invece, le medesime logiche di sfruttamento, di controllo e di dominio che furono dell’imperialismo di ieri.

Sadiel viene, quindi, attirato a Parigi con l’inganno, per essere consegnato al suo nemico più sadico e crudele, il colonnello Kassar. Tutto avviene attraverso la complicità del giornalista François Darien: un uomo che, inizialmente piegato ai ricatti dei servizi segreti francesi, finirà però per ribellarsi al proprio stesso tradimento, cercando, disperatamente, di salvare Sadiel e, insieme, la propria dignità e la verità.

È una vicenda oscura, in cui le musiche di Morricone offrono un sostegno solido, massiccio e potente, amplificando ogni ombra di viltà, ogni segreto di corruzione, ogni smania di potere e di ricchezza. L’umanità che ne emerge è pavida, corrotta, cattiva e miserabile, pronta a sacrificare giustizia e legalità sull’altare dei propri interessi materiali. Ma, dentro questo buio, resta uno spiraglio: il gesto solitario di chi, come François Darien nella finzione cinematografica, e come Julian Assange nella nostra epoca, osa un ultimo scatto di coraggio, rifiutando di piegarsi, definitivamente, al vergognoso e dispotico silenzio che ci viene sistematicamente imposto.

Perché la verità, oggi come ieri, è spesso sospesa, repressa e calpestata; in particolare, quando essa si scontra con i grandi interessi economici e geopolitici — quelli delle lobby delle armi, delle industrie farmaceutiche, dei governi complici — la sua sorte è quasi sempre segnata. Lo vediamo ovunque: dall’Ucraina alla Striscia di Gaza; le regole non valgono mai per tutti allo stesso modo. Solamente alcuni godono di privilegi, di coperture mediatiche e di silenzi compiacenti; agli altri restano solo l’isolamento, la persecuzione, la condanna.

Così, di “Sadiel”, nel nostro afflitto presente, ce ne sono innumerevoli: uomini, donne e popoli interi incriminati, torturati, minacciati, uccisi. Mentre altri, apertamente violenti e fascisti, come il ministro israeliano Ben Gvir, continuano a ricoprire incarichi politici di primo piano, a compiere atti iniqui e a pronunciare parole inique, protetti da un sistema che li rende, in pratica, intoccabili. Tutto questo accade alla luce del sole, davanti agli occhi del mondo intero: un mondo che, soprattutto per mano dell’Occidente e delle sue mire neo-colonialiste, concede impunità a un governo di estrema destra, pericolosamente guerrafondaio, guidato da Benjamin Netanyahu, che sta, letteralmente, annientando un popolo. Gli nega il diritto di esistere, lo spinge alla fuga dalla propria terra, lo costringe, se sopravvive, a vivere in un regime permanente di violenza, persecuzione e apartheid.

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About The Author

Michele Sanseverino è poeta, scrittore e ingegnere elettronico. Creatore della webzine di approfondimento musicale Paranoid Park (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine IndieForBunnies (www.indieforbunnies.com), intreccia analisi critica e sensibilità letteraria in uno sguardo che attraversa musica, poesia e cultura contemporanea. Nel 2025 ha pubblicato la raccolta di poesie "Poesie Senza Parole: Cartografie Di Un Lato Nascosto", opera che esplora le zone d’ombra e le risonanze interiori del vivere. Nel 2025 ha pubblicato l'antologia "Cronache Dal Parco Paranoico: Canzoni, Visioni e Futuri Mai Nati", articoli tratti dalla webzine Paranoid Park che ripercorrono il nostro cammino dalla fine della pandemia ad oggi. Inoltre: "Ultravioletto: Riedizione Fluida" e "Frammenti Di Tempesta: Riedizione Fluida"

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