Il rumore ci tiene vivi, ci impedisce di cadere nel sonno che narcotizza ed annichilisce le nostre coscienze. Queste ritmiche, intrise di blueseggiante elettricità, hanno un lato divertente, gioioso ed accattivante, ma, allo stesso tempo, servendosi dell’incisiva componente visiva e teatrale degli Animaux Formidables, danno uno spessore sonoro al conflitto interiore tra quelli che sono i nostri istinti più primordiali, le nostre percezioni e gli stimoli che riceviamo, in continuazione, dal mondo esterno e quel fardello di compromessi, di obblighi, di compiti, di appuntamenti, di orari, di sorrisini di circostanza, di stupidi luoghi comuni, di frasi fatte e di modelli di comportamento considerati corretti che ci vengono, subdolamente, imposti dalla società di cui siamo parte per farci sentire accettati, per farci sentire soddisfatti ed appagati, per farci sentire desiderati ed amati, per farci credere di avere un futuro, anche se si tratta di un futuro sempre più torbido, solitario, violento, finto, ostile ed arrabbiato.
Un futuro di tonalità aride, piatte e grigie, virtuale e superficiale, al quale il duo torinese risponde con le proprie trame fluorescenti e le proprie appassionate divagazioni garage-rock, rifiutando qualsiasi traiettoria lineare predefinita, ma insistendo su percorsi sghembi, obliqui, colorati, catartici ed affascinanti, su fuzz e distorsioni, in maniera tale da riversare sulle nostre monotone e scontate esistenze – perennemente intrappolate nelle formule semplicistiche del “dentro/fuori”, del “giusto/sbagliato”, del “buono/cattivo” – la policromia sonora, umana e sentimentale di questi dieci brani che tentano di liberarci dai dogmi, dalle teorie assolutiste, dagli archetipi, dagli assiomi e dai tanti piccoli e grandi minculpop che opprimono la nostra quotidianità a colpi di propaganda, di menzogne, di nevrosi, di diffidenze e soprattutto di paure che, in realtà, sono del tutto infondate, ingiuste ed irrazionali.
Quando verrà il giorno nel quale potremo, finalmente, togliere la maschera e mostrare i nostri veri volti, senza più nessun timore e nessuna vergogna nei confronti di quelle che sono le testimonianze del tempo trascorso, i segni del suo passaggio, le sue cicatrici e le sue ferite? Quando potremo fare ascoltare il respiro naturale dei nostri pensieri, sentendoci parte di questo mondo, così come ogni altra creatura vivente, senza più dare peso agli sguardi, ai giudizi e alle parole sussurrate nell’ombra?
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